martedì 25 maggio 2010

Presagio di grandi catastrofi

AUTORE: Míkis THEODORÁKIS Μίκης ΘΕΟΔΩΡΑΚΗΣ

Tradotto da Curzio Bettio


Con il buon senso di cui dispongo, non posso spiegarmi e ancor meno giustificare la rapidità con cui il nostro paese è precipitato rispetto ai livelli del 2009, al punto tale che noi stiamo perdendo una parte della nostra sovranità nazionale a vantaggio del Fondo Monetario Internazionale FMI e veniamo posti sotto tutela.

Ed è strano che nessuno, fino a questo momento, non abbia fatto la cosa più semplice, vale a dire, risalire il corso della nostra economia a partire da quel periodo ad oggi, con fatti e cifre, in modo che noi, i non iniziati, abbiamo la possibilità di comprendere le effettive ragioni di questa evoluzione vertiginosa e senza precedenti degli accadimenti che hanno determinato la perdita della nostra indipendenza nazionale, accompagnata dall’umiliazione internazionale che dobbiamo subire.

Ho sentito parlare di un debito di 360 miliardi, ma nello stesso tempo vedo che molti altri paesi hanno debiti simili a questo, se non ancora più grandi.

Dunque, non può essere questa la ragione principale delle nostre disgrazie. Quello che allo stesso modo mi disturba è l’elemento di esagerazione nei colpi assestati al nostro paese a livello internazionale; che una azione di tale misura sia stata concertata in modo così palese contro un paese finanziariamente insignificante, questo desta sospetti.

Per questo, sono pervenuto alla conclusione che certi personaggi ci riversano addosso vergogna e paura, in modo da gettarci nelle spire del FMI, che costituisce un fattore fondamentale della politica espansionistica degli Stati Uniti.

Tutti i discorsi sulla solidarietà europea non sono stati che polvere negli occhi, in modo da dissimulare il fatto che si tratta chiaramente di una iniziativa usamericana, che mira a farci piombare in una crisi finanziaria largamente artificiosa, con lo scopo di far vivere il nostro popolo nella paura, di renderlo ancora più povero, di sottrargli realizzazioni e conquiste preziose e alla fine di metterlo in ginocchio, consenziente perché costretto ad essere dominato dagli stranieri.

Ma a chi serve tutto questo? Quali sono i progetti da realizzare, quali sono gli obiettivi da conseguire?

Benché sia sempre stato, e che lo sia ancora, partigiano dell’amicizia greco-turca, devo dire nondimeno di essere preoccupato per il rafforzamento improvviso delle relazioni fra i nostri due governi, per le riunioni dei ministri e di altri funzionari, per i movimenti a Cipro e la visita di M. Erdogan. Io sospetto che dietro a tutto questo si celino la politica degli Stati Uniti e i loro progetti, che destano sospetti, relativi alla nostra posizione geografica, all’esistenza di giacimenti sottomarini, al regime di Cipro e al mare Egeo, ai nostri confinanti del Nord e al comportamento arrogante della Turchia; piani che fino a questo momento sono andati a vuoto solamente per la diffidenza e l’opposizione del popolo greco.

Attorno a noi, tutti, chi più chi meno, sono saliti sul carro in movimento degli Stati Uniti. Noi soli abbiamo rappresentato l’unica nota stonata, noi che, dall’insediamento della giunta militare e dalla perdita del 40% di Cipro fino all’abbraccio con Skopje (ARYM – ex Repubblica jugoslava di Macedonia) e con gli ultranazionalisti albanesi, abbiamo ricevuto bastonate di continuo, ma non siamo ancora divenuti “ragionevoli”.

Di conseguenza, come popolo, dobbiamo essere sottomessi, e questo è esattamente quello che sta arrivando oggi. Io sfido gli economisti, i politici e gli analisti a provarmi il contrario. Io credo che non ci sia spiegazione plausibile, altro che quella di un complotto internazionale, con la partecipazione degli Europei filo-statunitensi, come la signora Merkel, la Banca Centrale europea e la stampa reazionaria internazionale, che hanno progettato il loro “gran colpo”, in modo da ridurre una nazione libera in schiavitù. Quanto meno, personalmente, non posso trovare proprio un’altra spiegazione. Comunque, io riconosco che non sono in possesso di conoscenze specifiche e che le mie parole poggiano solo sul buon senso. Ma potrebbe darsi che ci siano tante altre persone che sono pervenute alla medesima conclusione – e questo lo vedremo nei giorni a venire.

In ogni caso, resto fermo nel preparare l’opinione pubblica e a sottolineare che, se la mia analisi è giusta, allora la crisi finanziaria (la quale, come ho già affermato, ci è stata imposta) non è altro che la prima bibita amara nella festa sontuosa che si sta preparando e che questa volta riguarderà questioni nazionali tanto vitali che non desidero proprio immaginare dove questo ci condurrà.

http://resaltomag.blogspot.com/2010/04/blog-post_27.html