mercoledì 11 febbraio 2015

666, Il potere immortale del Signore degli Anelli




666, Il potere immortale del Signore degli Anelli 

shan-newspaperStefania Del Principe



Il “quadrato di Saturno”


Horus contro Seth, l'eterna lotta tra bene e male, risolta in unico simbolo: l'esagramma


“Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia. Essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei” (Apocalisse, 13, 18).


Il numero 666 è da sempre stato associato alla bestia, a qualcosa di diabolico, di negativo. Tant’è vero che tutti i culti satanici sembrano riferirsi a questo ermetico numero.

Ma cosa potrebbe mai avere di tanto negativo un semplice numero?

Per capirlo dobbiamo viaggiare a ritroso nel tempo, addentrandoci negli antichissimi culti babilonesi ed egiziani.

Il più conosciuto è forse quello di Horus e Seth. Essi rappresentano a livello materiale due “divinità” cosmiche, ovvero due corpi celesti importantissimi. Horus, il Sole, sempre in lotta con Seth, Saturno. Horus è colui che dà la vita e la luce, mentre Seth, il più lontano di tutti, è il padrone delle tenebre. Non a caso Satana, derivato del termine Saturno, è vestito di nero.

Così, come il Sole è simbolicamente sempre in lotta con le tenebre, si racconta che Gesù sia sempre in lotta contro Satana.

Probabilmente a questo punto vi starete chiedendo da dove viene questo fantomatico numero.


Negli anni ’80 due sonde del Programma Voyager riuscirono a fotografare, nel Polo Nord di Saturno, una struttura esagonale



Saturno è, guarda caso, il sesto pianeta del nostro sistema solare, anche associato al sesto giorno della settimana, ma non finisce qui. Anticamente veniva sempre raffigurato con un esagono – di nuovo il numero sei. Il motivo? Noi lo abbiamo scoperto soltanto intorno agli anni ’80 quando due sonde del Programma Voyager riuscirono a fotografare, nel Polo Nord di Saturno, una struttura esagonale. Il tutto fu confermato successivamente dalla sonda Cassini nel 2006. Nel Polo Sud, invece, si nota una sorta di vortice che forma un vero e proprio “occhio”. Forse anche questo associato agli antichi miti dell’ “occhio che tutto vede”?

Ma torniamo ai nostri numeri. Un tempo, per propiziare un pianeta, venivano utilizzati, oltre che dei simboli, anche dei cosiddetti quadrati magici.

Ovviamente anche Saturno aveva il suo, e ad esso era associato un simbolo inequivocabile. Dal quadrato di Saturno, possiamo ottenere il numero 666 – e il relativo simbolo – sommando, nella prima diagonale 9+4+46 che dà come risultato 15.

1+5 = 6. La “V” diretta verso l’alto la otteniamo sommando 2+3+1. Mentre la seconda “V”, diretta verso il basso ci fornisce i numeri 9,7,8 che, una volta sommati, danno il numero 24, ossia di nuovo 6.

Questo “giochetto” delle somme lo troviamo un po’ dappertutto. Avete mai provato a fare la stessa cosa con le tastiere dei vostri cellulari? O delle calcolatrici?

Proviamo insieme, prima fila: 1+2+3 = 6;

seconda: 4+5+6 = 15. 1+5 = 6;

terza: 7+8+9 = 24. 2+4 = 6.

Ora passiamo ai numeri romani, vediamo la sequenza di quelli più utilizzati e sommiamoli (da 1 a 500):


                                             I = 1

                                             V = 5

Il quadrato, formato da sei righe
e sei colonne riporta dei numeri
che se sommati orizzontalmente,
verticalmente o diagonalmente,
danno come risultato
111 x sei righe: 666
     


L = 50

C = 100

D = 500

Totale: 666

X= 10








Ed ecco che la maggior parte delle cose che ci circondano formano il numero 666. Perché mai? Chi potrebbe volere una cosa simile? Forse prima dovremmo chiederci chi “comanda” l’intero nostro pianeta (o, se preferite, chi “fa girare il mondo”).

Ripartiamo dall’Antico Egitto, e andiamo ai tempi di Mosè. Si vestivano con tuniche nere (come lo stesso Mosè) quelli che seguivano il culto di Saturno; con quelle bianche coloro che seguivano il culto del Sole. Qual è la prima immagine che vi viene in mente se pensiamo alle tuniche nere? I preti? Esatto, proprio la Chiesa.

Ma questo non è l’unico motivo per cui bisogna associare la Chiesa al culto di Saturno. I motivi sono molti di più. Cosa contraddistingue Saturno rispetto agli altri pianeti? L’anello. Ovvero il simbolo di fedeltà che ci viene chiesto di indossare quando ci sposiamo con qualcuno. La Chiesa ha sede a Roma (nello Stato del Vaticano), città che, come tutti ben sappiamo, un tempo era chiamata “Saturnia”. È curioso a questo proposito come il copricapo del Papa ricordi Saturno.

Sono in molti a conoscere l’associazione tra anello e culto di Saturno, tant’è vero che alcuni hanno persino scritto dei libri che sono diventati famosi, come il Signore degli Anelli.
Il Kaaba


C’è un motivo se il marchio della bestia è associato all’idolatria e a eventi negativi. Fin dai tempi antichi, questi quadrati magici – oggi utilizzati ancora in India come “Yantra” – venivano adoperati per propiziare energie di un certo livello da alcuni pianeti. Tali quadrati erano dei veri e propri “sigilli” portafortuna. Come si legge anche nella Bibbia, molti arrivano ad adorarli, cioè a richiedere a questi talismani tutto il potere possibile. Un tempo, in Medio Oriente, queste energie venivano chiamate Jinn. Termine dal quale deriva la parola “Genio”. Ricordate la lampada di Aladino e il Genio a cui poter chiedere di esaudire i desideri? I Jinn erano una sorta di entità che potevano essere sia negative che positive a cui poter esprimere determinati desideri. Non è un caso se tutti gli uomini potenti della storia portavano con sé questo sigillo.

A forza di farlo, però, c’è il rischio di rimanere intrappolati dalla rete del “potere” e di non riuscire più a uscirne. A raccontarlo in senso metaforico è J.R.R. Tolkien ne “Il signore degli Anelli” che riporta come chiunque portasse al dito l’Anello non riuscisse più a disfarsene a causa dell’attaccamento al potere che l’anello offriva alla persona. C’era solo un modo per distruggere il potere legato agli anelli, eliminare l’Anello e, di conseguenza, l’occhio di Sauron – forse un’associazione al famoso occhio del pianeta Saturno. Ma non solo, l’autore riprende anche l’antico culto – bene e male, luce e oscurità, Sole e Saturno – quando Gandalf il grigio muore e rinasce come Gandalf il bianco. Come in tutte le storielle antiche, infatti, prima o poi la luce (Il Sole) vince sulle tenebre.

Vi è un altro quadrato magico che richiama il numero 666 e si tratta nientemeno che… dell’antagonista di Saturno, il “dio” Sole. Il quadrato, formato da sei righe e sei colonne riporta dei numeri. Tutti questi numeri se sommati orizzontalmente, verticalmente o diagonalmente danno come risultato 111 x sei righe: 666… ed eccoci catapultati dall’altro lato della medaglia dell’oscurità.



Il SAT-iro Pan dell’ellenismo



“La quantità d’oro che affluiva nelle casse di Salomone ogni anno era di seicentosessantasei talenti” ( I Re, 10,14. Confronta: II Cronache, 9, 13).




Se leggiamo con attenzione notiamo che oltre al numero 666 il testo ci indica un tempo: un anno. La Bibbia, qui, si sta riferendo a un ciclo che forse non tutti conoscono: quello dei 36 decani. Per comprendere l’importanza del numero 36 dobbiamo nuovamente andare indietro nel tempo e trovare un personaggio sicuramente a voi familiare: Osiride.

Plutarco, nel suo testo Iside e Osiride cita la cosiddetta Tetraktis. La somma di tutti i numeri pari fino a 8, più tutti i numeri dispari fino a sette, dà vita a un numero magico: il 36.

1 + 3 + 5 + 7 = 16

2 + 4 + 6 + 8 = 20

20+16 = 36

Cosa accade, ora, se sommiamo tutti i numeri prima di arrivare al famoso 36? Otteniamo il numero della bestia.

1 + 2 + 3 + 4 + 5 + 6 + 7 + 8 + 9 + 10 + 11 + 12 + 13 + 14 + 15 + 16 + 17 + 18 + 19 + 20 + 21+ 22 + 23 + 24 + 25 + 26 + 27 + 28 + 29 + 30 + 31 + 32 + 33 + 34 + 35 + 36 = 666.




Nell’antico papiro di Bulak, leggiamo «Si portano qui le figure degli dèi del Sud e del Nord per te, con 36 nomi, tu vai come se essi fossero un’unica anima completa, li devi adorare in cielo, tu sei sotto le stelle dei 36 decani».

Il testo si riferisce quindi a un’ora simbolica che avviene nell’eclittica in cui 36 re/decani (come descritto anche nell’apocalisse di Giovanni), di cui il primo è Sirio/Iside, la attraversano ogni dieci giorni formando un intero anno solare. Anche Sirio fu presa in gran considerazione, tant’è vero che era considerata la stella dell’Est (la stella polare nel Nuovo Testamento), il Sole dietro al Sole, che simbolicamente manteneva vivo il mondo Spirituale.


Lo sapevate che?
Sapevate che nella religione semitica Saturno/Satana veniva identificato con il nome di EL? In Inglese la parola inferno si traduce con Hell, ma quando viene pronunciato si odono solo due sillabe: EL.


Ma torniamo al culto di Saturno. C’è un stretta relazione tra il famoso caproneSatanico e il numero 666. Il pianeta è da sempre stato considerato come il governatore del segno zodiacale del Capricorno. Segno che, come ben sappiamo, usa come simbolo proprio il capro. Gli elleni ci hanno tramandato il ricordo di una creatura metà capra e metà umana: il SAT-iro Pan.

Non è un caso se il satiro Pan sembra sia stato abilmente modificato in Babbo Natale proprio dopo l’abolizione di questi riti considerati pagani, insieme alla festa di Saturnalia tradizionalmente celebrata il giorno della rinascita del Sole(il 25 dicembre). Come potete vedere, la Chiesa conserva tutti i riti antichi riferiti al Cosmo. Insegnamenti che un tempo – ma forse anche oggi – erano riservati solo a un ristretto gruppo di persone.
Il simbolo di Costantino


La nostra religione comunque non è l’unica. A Saturno, infatti, era anche associato uno strano oggetto: un cubo. Forse a molti di voi è subito venuto in mente il Kaaba che letteralmente significa proprio il cubo, anche se sono in tanti a considerarla più una casa sacra. Il cubo, ovviamente di colore nero per richiamare il colore di Saturno, si può trovare in moltissimi altri Paesi. Perché un cubo? Perché oggi sappiamo che se un cubo viene sezionato, partendo da un vertice, con un piano perpendicolare a una diagonale maggiore, otteniamo un esagono.


Il 666 riferito a Saturno, come abbiamo visto, ha un collegamento con il culto solare. Il motivo è semplice: se guardiamo con attenzione il sigilla solis notiamo che il 666 appartiene forse più al Sole che non al suo antagonista Saturno. Quest’ultimo, tuttavia, porta simbolicamente la luce dentro sé. Nonostante si trovi al buio ha quindi la potenzialità di portare la luce. Non a caso, Lucifero, altro nome di Satana, significa proprio il portatore di luce.

Potremmo forse sapere cos’è la luce se prima non avessimo scorto le tenebre?

È lo Yin e Yang che domina ogni forma di vita; è la complementarietà che permea tutto il Creato. Siamo solo noi esseri umani che giudichiamo ciò che bene e ciò che è male, la verità è che niente può esistere senza il suo opposto. E così, Saturno, non è l’emblema del bene o del male ma il primo grado per raggiungere l’illuminazione. Come ci si può evolvere se non si conosce ogni cosa di se stessi, compreso il proprio lato oscuro?

Pan/Saturno rappresentava l’istinto primordiale di ogni uomo, colui che controlla i mondi inferiori, ovvero la parte più celata di noi stessi. Aveva l’abitudine di vagare per le foreste con il pene eretto amoreggiando con le ninfe. Rappresenta l’istinto, la sessualità, ma anche il potere creativo e generativo. Ecco perché non possiamo relegare il culto di Saturno/Satana al male, bensì alla prima fase per ottenere l’illuminazione. La conoscenza della parte più oscura che vive dentro noi è il primo stadio che dobbiamo percorrere per crescere spiritualmente. Solo in quel momento abbiamo la possibilità di tenere sotto controllo il nostro istinto – senza reprimerlo – conoscendo l’altra frammento di noi stessi. È il Saturno che lascia lo spazio al sorgere del Sole. Gesù Cristo che vince la battaglia contro Satana.


Il sigillo solis



Non è un caso se i preti, ancora all’inizio della loro evoluzione spirituale, indossano l’abito Saturniano: quello nero. Mentre il papa, vertice della gerarchia ma anche meta spirituale, indossa l’abito bianco, solare. Le divise indossate dagli uomini di Chiesa richiamano, allo stesso modo, le tre fasi alchemiche: nera, bianca e rossa.

Dall’esagono, molti collegano l’esagramma. Un simbolo utilizzato dalla Chiesa, dai Massoni e da tantissime aziende. L’esagramma in realtà non parla soltanto del numero 6 ma dell’unione della materia con lo spirito, luce con tenebre.

In un mondo duale dove materia e spirito si alternano continuamente in una danza senza fine, gli antichi insegnanti (che era evidente fossero dotati di tecnologie avanzatissime visto che conoscevano dettagli che noi abbiamo potuto rilevare solo pochi anni fa con la sonda Cassini) hanno voluto tramandarci la conoscenza che governa l’intero Creato.

“As above, so below” – come in altro, così in basso – è la sapienza che sta dietro la nostra intera esistenza. Una sapienza, per ora, destinata solo un ristretto gruppo di persone, ma che con il tempo coinvolgerà gli individui ancora avvolti nel sonno dell’inconsapevolezza.

Possiamo dunque associare il nostro esagramma all’unione di due pianeti/culti importantissimi che si propongono come fine la ricerca dell’equilibrio che risiede dietro questo fantastico Universo il cui unico vero Dio è semplicemente un genio della matematica.


Horus is risen - Horus è sorto!Quella che stiamo per raccontarvi è una storia nata migliaia di anni prima di Cristo. Si tratta di un racconto che possiede una valenza esclusivamente astronomica, nonostante parli di un uomo nato da una vergine il 25 dicembre e di tre re magi. Tutto è nato dal fatto che il 24 dicembre, Sirio, la stella più luminosa del cielo, si allinea in maniera perfetta con le tre stelle della cintura di Orione. Stelle che, ancora oggi, vengono chiamate i “tre re”. Se il 24 dicembre viene tracciata una linea immaginaria tra Sirio e le tre stelle (i tre re), sapete cosa accade? Che il 25 dicembre la linea toccherà esattamente il punto dove nasce il Sole (Cristo). Il Sole (Horus), infatti, fin dall’antico Egitto è considerato l’unico vero Dio che crea ogni cosa, che dà la vita sulla Terra. I tre re – le tre stelle –seguono quindi la stella dell’est per essere portati fino al luogo dove il 25 dicembre nascerà Cristo - il Sole. Ma non è finita qui. Il giorno del solstizio d’inverno, il 22 dicembre, nell’emisfero Nord il Sole raggiunge in assoluto il punto più basso dell’orizzonte. Qui resterà “fermo” per ben tre giorni davanti a una costellazione chiamata la Croce del Sud. Dopo essere quindi stato crocifisso per tre giorni, finalmente “rinasce”. Per il resto dell’anno il nostro dio/sole viaggia insieme alle 12 costellazioni o i 12 discepoli, se volete. Non è un caso se in tutte le rappresentazioni antiche Gesù viene rappresentato sempre con un in testa un cerchio e una croce, la croce dello zodiaco per l’esattezza.



Stefania Del Principe, giornalista e scrittrice, da anni scrive per diversi quotidiani e riviste di settore. Ha pubblicato oltre venti libri tradotti in inglese, spagnolo, sloveno e altre lingue

martedì 3 febbraio 2015

GERUSALEMME, SCOPERTO IL LUOGO DEL PROCESSO A GESÙ

GERUSALEMME, SCOPERTO IL LUOGO DEL PROCESSO A GESÙ
radioitaliairibblog.


Gli archeologi hanno scoperto i resti del palazzo di Erode dove, secondo la tradizione dei vangeli, Ponzio Pilato processò Gesù cristo.

Infatti il progetto per ampliare il museo della torre di David, iniziato 15 anni fa in Gerusalemme stava per procedere che sotto un edificio antico adiacente usato come un prigione nel passato si sono scoperti i resti del palazzo del Giudea dove si sarebbe trovato il “praetorium” del prefetto romano. 


Prima della scoperta si era ipotizzato che il posto della crocifissione di Gesù si trovasse nella Fortezza Antonia, sede della guarnigione romana, sotto una scuola vicina alla moschea di al Aqsa. Ma secondo Shimon Gibson, archeologo della University of North Carolina a Charlotte, i nuovi scavi eliminano tuttavia ogni dubbio.

I caratteri del sito coincidono con i dettagli descritti dal vangelo Giovanni sull’ubicazione del processo: vicina a una porta della città e su un lastricato di pietre irregolari, il “litostrato”.

mancano certamente iscrizioni che confermino cosa sia sucesso – ha sottolineato l’archeologo al Washington Post – però tutti indizi fanno pensare che il processo di Gesù avesse luogo proprio in questo luogo”.

Adessso che i risultati degli scavi sono accessibili al pubblico è possibile quindi che il prigione diventi un luogo santo per i pellegrini cristiani e che sia cambiato il sentiero della Via Dolorosa?

sabato 24 maggio 2014

PROVATE A IMMAGINARE...

IMMAGINATE ...

Daniel Mabsout

Quindi , gli israeliani raccolgono le loro cose e abbandonano, dopo tanto infinito tempo  di occupazione, in silenzio all'alba .

Si sono ritirati da tutte le loro posizioni in gran fretta lasciando molte delle loro cose dietro a se, e ora sono visualizzati nel museo della Resistenza e nei luoghi pubblici .

In ogni città, e città che hanno evacuato son presto riempite  da persone che tornano , da libanesi di ritorno ai propri villaggi e città, alla loro terra dopo più di 18 lunghi anni  , naturalmente , facilmente , scivolano nei loro luoghi , alle loro case, in un viaggio di ritorno splendidamente orchestrata dalla dirigenza dalla Resistenza e dai combattenti per la libertà .

Tutto era al suo posto giusto in poco tempo , in un solo giorno . Era come se 18 anni di occupazione scomparissero improvvisamente .

Immaginate un po ' cosa potrebbe accadere se la Palestina dovesse essere recuperata in questo modo .

Immaginate che questo accada a  Jalil , immaginate questo accada anche ad 'Akká e Haifa e Yaffa e al Qods e in tutta la Palestina .

Immaginate cheloro - gli israeliani - si ritirino in gran fretta da questi luoghi uno dopo l'altro .

Immaginate noi Palestinesi a tornare ai nostri villaggi e città recuperando le nostre case una dopo l'altra .

Immaginate che questo possa accadere ed è accaduto e accadrà.

Provate a immaginare ...

non c'è niente che tale resistenza non possa fare ......
WHEN OCCUPATION IS CHALLENGED AND DEFEATED

In the 14th anniversary of the Liberation of Lebanon , the victory has not faded away , nor decreased in intensity or importance . On the contrary, the passing of time has added more to the luster of such victory, and the passing of time has proved that the armed Resistance was not the only choice but the right choice- as well- to deal with the occupier; the right choice for all oppressed people to whatever country or religion they belong.

As time passes , the importance of such victory is being recognized and consecrated world wide . For Arabs, for Muslims, for freedom fighters around the world , for those who seek justice and freedom , for those who seek truth , there is nothing like this victory which came to crown years of sacrifice and hard work and commitment .

Before taking place on the battlefield, it is in the hearts and minds of the freedom fighters that this victory happened ; in the hearts and minds of those who had to deal with every kind of weakness and fear and hesitation and doubt, thus clearing and purifying their whole being .

For this reason , it is in the hearts and the minds of the freedom fighters that the victory was first won , it was in their inner selves that the enemy was first defeated . Therefore, this was not any kind of victory between two enemies fighting one another. This was not the outcome of an ordinary battle between two armies. This was the result of an intense spiritual and mental endeavor that preceded all and prepared the ground for everything to come .

For this reason, and because this victory was the victory of man over himself , this victory was not a worldly one . For this reason, this Resistance is not a worldly Resistance and for this reason it can never be defeated and will never be defeated . The enemy has no weapons to fight this Resistance with , nor it can develop any weapon that can defeat it .

The Mirkavas that are the pride of the enemy could not pass the test. They became bundles of burned metal . The Israelis could not wait to leave , Their army commander said that the whole edifice of the occupation was crumbling like a card castle and that the Israeli army had to leave before anything drastic happens that will be irremediable .


So, the Israelis packed and left silently at dawn . They withdrew from all their positions in great haste leaving many of their things behind that are now displayed in the Resistance museum and in the public places . Every town and city they evacuated was soon filled with the returning people , with the Lebanese returning to their villages and towns to their land after more than 18 years and who, naturally, easily, slipped in their own places, back to their homes, in the journey of return beautifully orchestrated by the leadership of the Resistance and the freedom fighters. Everything was back to its right place in no time , in one day . It was as if the 18 years of occupation vanished suddenly .

Imagine a little bit what could happen if Palestine were to be retrieved this way . Imagine this happening to al Jaleel, imagine this happening to 'Akka and Haifa and Yaffa and al Qods and all Palestine . Imagine them - the Israelis - withdrawing in great haste from these places one after the other. Imagine the Palestinians coming back to their villages and towns retrieving their homes one after the other . Imagine that this could happen and has happened and will happen . Just imagine ...there is nothing that such Resistance cannot do...

We salute the Freedom Fighters on this occasion, and the Martyrs Heroes . We salute the determined Sayyed Hassan Nasrullah with unflinching faith and with his mind set on the next victory to come . We salute this incomparable victory over the oppressor that brought dignity and integrity to the Lebanese and hope and truth to each and everyone . God bless our Resistance and our Leader . Blessed is this Resistance and its Leader!

giovedì 10 aprile 2014

Le Piramidi di Xian in Cina

Le Piramidi di Xian in Cina
Piramidixiancina1.1
Sabrina Stoppa
 Nel 1945, alla fine della Secondo Guerra Mondiale, il pilota James Gaussman, mentre si dirigeva verso la base di Assam in India avvistò quella che oggi viene definita la “Piramide Bianca” e la fotografò. Oggi è considerata la più grande piramide al mondo.

Nel suo rapporto, Gaussman descriveva la piramide come fosse un oggetto avente la superficie di un metallo di colore molto chiaro, con la punta simile a gioielli (probabilmente cristallo), e sottolineò che, intorno ad essa non c’era assolutamente nulla. La foto di Gaussman e il suo rapporto, rimasero seppelliti per 40 anni negli archivi militari dell’epoca fino a quando, Bruce Cathie, ufologo Neozelandese nel 1983, la pubblicò nel suo libro “The Bridge to Infinity” cercando di dimostrare come, secondo il suo punto di vista, la terra fosse una colonia di conquistatori venuti dallo spazio.

Anche Brian Crowley pubblicò 40 anni dopo, la foto scattata da Gaussman nel suo libro “The face on Mars” (La faccia di Marte).

Ma la vera storia delle piramidi cinesi ha però inizio nel 1947 quando il Colonnello Maurice Sheehan, le fotografò mentre con un DC3 sorvolava la Cina e nel marzo dello stesso anno la sua descrizione fu pubblicata sul New York Times (28 marzo 1947). Ma il governo Cinese smentì categoricamente la scoperta di Sheehan.

 
Piramidixiancina1.2Poco tempo dopo apparve sulla rivista Scienze News-Letter (diventato poi Scienze News), un articolo che parlava proprio delle piramidi di quella zona della Cina, definendole come dei tumuli fatti di argilla e di fango (The Scienze News-Letter, Vol. 51, N° 15 – 12 Aprile 1947 pag. 232 e 233).

 
Ma Pechino ha sempre smentito l’esistenza di piramidi sul suo territorio.


Oggi sappiamo però che quelle piramidi e in particolare la piramide bianca, in quella zona esistono veramente.

Nel 1994, l’esploratore tedesco Harwing Hausdorf, riuscì ad ottenere i permessi per visitare alcune zone proibite tra la città di Xian e il suo aereoporto e scalando una di queste piramidi ne vide almeno un’altra ventina tra cui quelle già viste da Meyer Schroder e Oscar Maman (Nel 1912, furono i primi due ad imbattersi nelle piramidi della zona mentre la attraversavano. Erano due commercianti d’armi).Scattò alcune fotografie che, una volta sviluppate, mostrarono inequivocabilmente la presenza di numerose piramidi nella zona, piramidi che sembravano anche trovarsi alla stessa latitudine di quelle di Giza in Egitto.

In particolare tre di esse sembrano perfettamente allineate, come quelle egiziane, con la stella di Orione.

Hausdorf sostenne che, nella zona intorno a Xian si trovavano almeno 100 di piramidi, per la maggior parte ricoperte di alberi, che sembrerebbe fossero stati piantati già all’epoca della loro costruzione per fare in modo che rimanessero celate.
Piramidixiancina1.3La maggior parte delle piramidi in Cina sembra concentrarsi nel raggio di km. 100 dalla città di Xian nelle pianure di Qin Chuan, nella provincia dello Shanxi nella Cina Centrale.

Oltretutto, in questa zona è situato un centro spaziale Cinese, il Taiyuan Satellite Launch Center (TSLC) e quindi non è completamente aperta al pubblico.



Oggi comunque, la maggior parte di queste piramidi sono visitabili e la conferma ci arriva da Chris Maier, uno dei massimi esperti di piramidi cinesi che ci sottolinea come il turismo nella zona, sia decollato grazie anche alla scoperta nel 1974 dell’Armata di terracotta, 8000 soldati di terracotta a grandezza naturale a guardia della piramide di Qin Shi Huang, il primo imperatore della Cina detto anche imperatore Giallo.

Sempre secondo Hausdorf, alcuni racconti antichi, narrano che, all’epoca delle piramidi, in quella zona vi avevano regnato imperatori che non erano del nostro pianeta, scesi dal cielo su draghi metallici volanti; inoltre, all’interno di alcune di queste piramidi sono state ritrovate ossa di teschi enormi e corpicini piccoli che nulla hanno a che fare con l’aspetto umano. Tali resti erano circondati da dischi metallici scritti con strani geroglifici che tradotti, avrebbero rivelato appunto che un UFO cadde in quella zona circa 12.000 anni fa.


lunedì 10 febbraio 2014

LE ORIGINI DEGLI ESSERI UMANI SECONDO GLI ANTICHI TESTI SUMERI!!


Sumer, o la ‘terra dei re civilizzati’, fiorì in Mesopotamia, l’Iraq di oggi, intorno al 4500 aC. I Sumeri hanno creato una civiltà avanzata con il proprio sistema di linguaggio elaborato, di scrittura, architettura, arte, astronomia e matematica. Il loro sistema religioso era composto da centinaia di divinità, riti e cosmologia. Secondo gli antichi testi, ogni città sumera era sorvegliata da un proprio dio, dove umani e dei vivevano insieme ma gli umani erano i servi degli dei.
Il mito della creazione sumera può essere trovata su una tavoletta di Nippur, antica città mesopotamica fondata nel 5000 aC circa. Secondo le tavolette, la creazione della Terra (Enuma Elish) comincia così:
Quando l’alto dei cieli non era ancora stato nominato;
E la terra situata sotto, ancora non sopportava un nome;
E il primordiale Apsu, che li generò,
E il caos, Tiamut, fu la madre di entrambi
Le loro acque erano mescolate insieme,
E nessun campo si era formata, nessuna palude si vedeva;
Quando degli dei, nessuno era stato chiamato in essere,
E nessuno portava un nome, e nessun destino era stato ordinato;
Poi sono stati creati gli dei in mezzo al cielo,
Lahmu e Lahamu sono stati chiamati in essere … E’ interessante notare che nessun dio è stato il responsabile della creazione, in quanto, anche gli stessi dei sono, essi stessi, parte della creazione. La mitologia sumera sostiene che, in principio, esseri di tipo umanoide e di origine extra-terrestre, hanno governato sulla Terra. Quegli esseri, o divinità, potevano viaggiare attraverso il cielo in veicoli a forma di disco o razzo. Questi esseri hanno lavorato il suolo della Terra per renderlo abitabile ed, inoltre, per sfruttare i minerali presenti al suo interno.
I testi riferiscono che, ad un certo punto, c’è stato l’ammutinamento degli dei verso il loro lavoro da ‘minatori’: Quando gli dèi come gli uomini
Portava il lavoro e subito il pedaggio
La fatica degli dèi era fantastica,
Il lavoro era pesante, l’angoscia era molta.
target="_blank">Anu , il dio degli dei, ha convenuto che il loro lavoro era troppo pesante. Suo figlio Enki o Ea, ha proposto di creare l’uomo per sopportare il lavoro e, così, con l’aiuto della sua sorellastra Ninki, lo ha fatto. Un dio è stato messo a morte e il suo corpo e il sangue sono stato mescolato con l’argilla. Da questo materiale è stato creato il primo essere umano a somiglianza degli dei. È stato macellato un dio insieme
Con la sua personalità
Ho rimosso il tuo lavoro pesante
Ho imposto la tua fatica sull’uomo.

Nell’argilla il dio e l’uomo
Sono tenuti,
Per unirli insieme;
Così che alla fine dei giorni
La Carne e l’Anima
Che in un dio sono maturati -
Quell’anima in una parentela vincolata di sangue. 

È interessante notare che lo spirito è collegato al corpo, come viene descritto in molte altre religioni e miti.
Questo primo uomo è stato creato nell’Eden, una parola sumera che significa ‘terreno pianeggiante’. Nell’Epopea di Gilgamesh, l’Eden è menzionato come il giardino degli dei e si trova da qualche parte in Mesopotamia tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Inizialmente gli esseri umani erano in grado di riprodursi in proprio, ma sono stati successivamente modificati con l’aiuto di Enki e Ninki. Così Adapa viene creato come un essere umano completamente funzionale e indipendente. Questa ‘modifica’ è stata fatta senza l’approvazione del fratello di Enki, Enlil, e così iniziò un conflitto tra gli dei. Enlil diventa l’avversario dell’uomo e le tavolette sumere affermano che gli uomini servivano gli dei tra molte difficoltà e sofferenze. Anche se non è la storia esatta della creazione che coinvolge due alberi nell’Eden, Adapa, con l’aiuto di Enki, ascende verso Anu (il dio/capo supremo degli Anunnaki), dove non riesce (o si rifiuta, sotto consiglio di Enki) di rispondere ad una domanda circa ‘il pane e l’acqua della vita’. Le opinioni variano sulle somiglianze tra questi due racconti della creazione, ma una cosa rimane chiara: l’immortalità è pensata per gli dei, non per gli uomini. 
BY John Black

venerdì 31 gennaio 2014

La battaglia per l'acqua nel futuro dell'umanità

acqua

 Il deficit di acqua dolce può causare conflitti armati, affermano gli scienziati. Oggi circa 700 milioni di persone in 43 paesi soffrono per la carenza dell'acqua. Entro il 2015 a causa del cambiamento globale del clima e crescita della popolazione sul pianeta questa cifra supererà tre miliardi. 

 Secondo il parere degli esperti, la principale minaccia di futuri conflitti è la distribuzione delle risorse idriche in modo disuguale. Dunque il fabbisogno minimo del consumo d'acqua per una persona al giorno è di 20 litri. Circa un miliardo di persone sulla Terra però possono utilizzare soltanto 5 litri al giorno. Il deficit più acuto d'acqua si sente in Medio Oriente, in Cina, India, nell'Asia Centrale, nei paesi dell'Africa Centrale e Orientale.

Per il continente africano l'accesso all'acqua dolce è un problema di sicurezza dello stato, ritiene Marina Sapronova, professore della cattedra degli studi orientali dell’Università Statale di Mosca per le Relazioni Internazionali (MGIMO). Perciò la decisione dell'Etiopia di costruire la diga sul Nilo Blu ha suscitato un forte malcontento da parte dell'Egitto. Nello stesso tempo l'Etiopia sta costruendo nel corso superiore del Nilo una potente centrale elettrica che potrà fornire l'energia anche agli stati confinanti. 

L'Egitto teme che dopo la costruzione della diga sarà privato di un quarto delle proprie risorse idriche, fa notare la donna:
Per l'Egitto il problema sta nel fatto che praticamente il 98 percento della popolazione vive nella valle del Nilo. Rispettivamente non è soltanto la questione di approvvigionamento di generi alimentari, ma anche di produzione industriale, della sicurezza nazionale. Storicamente questo stato è nato nella valle del Nilo e tutta la sua storia è legata alle sue acque. Il problema principale è che oltre all'Egitto ci sono altri 10 stati dell'Africa Centrale e Orientale a sfruttare il Nilo. E inoltre sono grandi stati come il Sudan, l'Etiopia, Kenya, Ruanda, Uganda, Tanzania. La popolazione complessiva di questi stati fa oltre 300 milioni di persone. Nell'ultimo decennio il Sudan e l'Etiopia hanno iniziato a svilupparsi anche sul piano economico - cresce la produzione industriale. Tutto ciò richiede l'aumento del consumo dell'acqua del Nilo e l'aumento della produzione dell'energia elettrica per aumentare la potenza industriale .

Nell'Asia Centrale già da qualche anno è in corso la disputa tra Uzbekistan e Tajikistan a causa del fiume Vahsh, un affluente dell'Amu Darya. Dushanbe sta costruendo su Vahsh la centrale elettrica di Rogun. Tashkent è decisamente contraria, temendo la riduzione dello scolo di Amu Darya, ciò che arrecherebbe un colossale danno all'agricoltura. 

I reciproci contrasti sono arrivati al punto tale da non poter praticamente più risolverli senza intervento internazionale, ritiene Andrei Grozin, responsabile della sezione dell'Asia Centrale e del Kazakistan dell'Istituto dei paesi della CSI:
Purtroppo i rapporti tra Dushanbe e Tashkent non sono tra i migliori. Inoltre questa situazione si osserva già da molti anni. Il problema sta che all'epoca dell'Unione Sovietica i rapporti tra gli stati dell'Asia Centrale con l'abbondanza dell'acqua e con il deficit dell'acqua sono stati regolati da Mosca ed esisteva una certa armonia che permetteva agli stati situati nell'alto corso fluviale di costruire centrali elettriche e agli stati situati nel basso corso fluviale di on temere il deficit dell'acqua.

Secondo i pronostici degli scienziati, tra 50 anni le riserve dell'acqua potabile diminuiranno di un terzo, se non addirittura si dimezzeranno. Non sono soltanto le conseguenze del riscaldamento climatico globale sulla Terra, ma anche non razionale, e a volte barbarica, utilizzazione dell'acqua. Se l'atteggiamento dell'umanità verso questo problema non cambierà, allora non si riuscirà senz'altro a evitare conflitti armati a causa dell'acqua.

venerdì 18 ottobre 2013

Lampedusa: perseguitare i vivi, premiare i morti


Lampedusa: perseguitare i vivi, premiare i morti

Santiago Alba Rico Σαντιάγκο Άλμπα Ρίκο سانتياغو البا ريكو 
Tradotto da  Francesco Giannatiempo



Parlando della tragedia di Lampedusa, c’è poco da aggiungere ai lamenti ipocriti delle autorità europee e alle giustissime denunce degli attivisti, delle organizzazioni e dei migranti. Anni fa, il teologo costaricano di origine tedesca,  Franz Hinkelammert, riassunse in due parole questa routinaria abbondanza di cadaveri raccolti nei mari e nei deserti nelle frontiere d’occidente: “genocidio strutturale”.

L’idea di “genocidio strutturale”, certamente implica un’accusa: le strutture non si impongono da sole, bensì necessitano di decisioni politiche che le facciano funzionare; decisioni politiche che, eventualmente, potrebbero disattivare. Quando una struttura alla propria fonte è incompatibile con la Dichiarazione dei Diritti Umani e con la più elementare dignità umana, le decisioni che vengono prese per tenerla in attività acquisiscono un’aura necessariamente truculenta, un’ aria di ludica crudeltà infantile, la forma di un grande sbadiglio nichilista. Penso che Barroso e Letta non avranno gradito di venire ricevuti a Lampedusa al grido di “assassini”. Non si sentono “assassini”e, probabilmente, la pila di cadaveri accumulati ai loro piedi gli trasmette un orrore sincero. Ma devono ingoiare gli insulti e i rimorsi di coscienza rispondendo in modo responsabile ai propri compromessi con la “struttura”. Compromessi da cui, in certa misura, dipendono anche i voti dei loro elettori.
La verità è che le misure prese dall’UE e dal governo italiano trasformano i nostri governanti in una specie di disegnatori fantasiosi di gincane infantili, o meglio, di avvincenti concorsi televisivi.Evitiamo di essere più pietosi di loro! Aumentare il finanziamento per i CIE, rafforzare la sorveglianza nel Mediterraneo e concedere la nazionalità ai morti -mentre si continua a perseguitare i sopravvissuti – ci conviene ed è per altro divertente, giacchè trasforma i movimenti migratori nel più costoso sport estremo del mondo: pagate migliaia di euro per l’iscrizione, oh giovani avventurieri, e lanciatevi in mare mille volte schivando tempeste e motovedette; se toccate terra vivi, come nel gioco dell’oca, vi riporteremo al punto di partenza; come nel gioco dell’oca, vi chiuderemo in prigione e vi obbligheremo ai lavori forzati clandestini; come nel gioco dell’oca, esposti a ogni genere di spregio e abuso. E non si può vincere? Come si vince in questa gara? Morendo! Se morite sulle nostre spiagge, giovani avventurieri, un dolce velo di pietà universale coprirà i vostri corpi e riceverete, inoltre, il grande premio, il sogno finalmente compiuto, la grande ambizione della vostra vita alla fine soddisfatta: la nazionalità italiana.
Questo macabro gioco, ovviamente, ha a che fare con la “struttura”. Ha a che fare, come diceEduardo Romero citando Marx, con il nostro “desiderio appassionato del lavoro più economico e servile” - una scelta “negriera”- e con il nostro scarso rispetto per le frontiere altrui: intervento economico in nazioni saccheggiate, accordi con dittatori e violazione fisica della sovranità territoriale. Una buona parte delle vittime di Lampedusa, per esempio, provenivano dalla Somalia, nelle cui acque le navi di noi europei depositano scorie inquinanti e rubano il tonno per le nostre tavole. Non dimentichiamo che, mentre decine di somali morivano affogati sulle coste italiane, un tribunale spagnolo giudicava di pirateria alcuni ex-pescatori di questo ex-paese africano”.
Però, quest’idea di premiare i morti con la nazionalità postuma - mentre si puniscono i vivi per essere sopravvissuti – comporta una dichiarazione di guerra e un malinteso razzista. A questi giovani che credono nella libertà di movimento e nel diritto a una vita migliore, gli si sta dicendo che saranno accettati e integrati in Europa solamente una volta morti, come cadaveri gonfiati dall’acqua, e soltanto se muoiono alla vista di tutti e in numero sufficiente per non poter essere nascosti sotto il tappeto. Vi vogliamo morti. O, parafrasando un vecchio detto: l’unico immigrante buono, l’unico immigrante assimilabile è l’immigrante morto.
Al contempo, il premio della nazionalità postuma è un atto di propaganda razzista, che presuppone e induce l’illusione che i somali, gli eritrei e i siriani naufragati a Lampedusavogliano essere italiani. In un momento in cui ci sono più italiani - e spagnoli – che non vogliono più essere italiani – e spagnoli – e che abbandonano per forza il proprio paese, i morti di Lampedusa – vincitori di questa gincana nichilista – illuminano una falsa Italia (o Spagna) desiderabile, appetibile, ricca e democratica, alle cui bontà aspirerebbero milioni di persone di tutto il mondo.
È una menzogna: non vogliono essere italiani (o spagnoli). Uno dei giornalisti che ammiro di più – l’italiano Gabriele del Grande – sono anni che conta, soprattutto, dà un nome alle vittime di questo “genocidio strutturale”. Mamadou và a morire è l’eloquente titolo di uno dei suoi libri. Orbene, dopo il massacro di Lampedusa, Del Grande ricordava alcuni dati elementari: che la maggior parte degli immigranti non entrano via mare; che molti di loro hanno provato a entrare prima attraverso la via legale; che sono molti di più quelli che escono di quelli che entrano; e che, in effetti, l’unica forma di fermarli è ucciderli (all’origine, durante il viaggio o a destinazione). E si lamentava con amarezza del ruolo dei mezzi di comunicazione che li trattano, al pari dei politici, come meri “oggetti” di un dibattito o di un’immagine, in modo che “i veri protagonisti” – i migranti vivi e quelli morti – non abbiano alcuna voce, né un nome, né una ragione. Del Grande, che ha viaggiato e condiviso con loro lavori e piaceri, descrive questa ostinazione di tanti africani ad attraversare le nostre frontiere come “il maggior movimento di disobbedienza civile contro le leggi europee”. E considera che “se un giorno tornasse la pace nel Mediterraneo e ci fosse libera circolazione, i morti di oggi si trasformerebbero in eroi di domani e si scriverebbero romanzi e si farebbero film su di loro e sul loro coraggio”.
Non vogliono essere italiani nè spagnoli nè greci. Conservano i propri legami affettivi e culturali. E lo fanno con molto orgoglio, come dimostrano le rimesse inviate ai paesi d’origine (o il fatto che siano le famiglie che risparmiano il denaro che permetterà al più giovane e coraggioso dei propri membri pagare il mafioso locale e imbarcarsi per l’Europa). Non vogliono essere italiani né spagnoli né greci, sebbene sì vogliono avere alcuni dei diritti che gli italiani e gli spagnoli e i greci sono sul punto di perdere. Reclamano il diritto di andare e venire e il diritto di rimanere nelle proprie abitazioni: a viaggiare e a non viaggiare, a lavorare, ad avventurarsi, a conoscere altri luoghi, ad amare altra come la propria gente. Non sono diversi da noi e, se a volte hanno una vita molto più difficile, sono pure più valorosi, più “intraprendenti”, più vitali, più capaci e meno cinici.
Può essere che esistano buone ragioni – economiche ed ecologiche – affinchè si limitino i flussi; ma, allora bisogna che cominci per le merci e per i turisti: si muovono molto più gli europei degli africani, e con un costo molto più alto. E ad ogni modo, il diritto universale al movimento, che implica anche il diritto a non muoversi e il diritto a ritornare, non lo si può applicare in maniera selettiva con criteri etnici, razziali o culturali, e meno lo si può imporre o proibire con la forza. Qualunque siano gli alibi “strutturali”, mai l’Europa potrà pretendere di essere democratica e illuminata, mentre l’omissione di soccorso, la scelta “negriera”, il finanziamento di campi di concentramento e la criminalizzazione della semplice sopravvivenza costituiscono la normalità antropologica e giuridica delle proprie popolazioni e delle proprie leggi.
Il Mediterraneo unisce le coste e separa i suoi abitanti. Non lasciamoci ingannare dalla tragica immagine di questa fessura piena di acqua e di morti; nemmeno dalla direzione dei flussi umani. Il nord e il sud del Mediterraneo si somigliano sempre di più. Mentre abbiamo l’impressione che siano loro a venire verso di noi, in realtà siamo noi ad andare verso di loro. Molto in fretta. E converrebbe che, da entrambi i lati, insieme si trovasse una soluzione, e che diventiamo volontariamente un po' africani, prima che i nostri governi inizino ad applicare le leggi sugli stranieri  - come già inizia a succedere – ai propri cittadini. Stranieri, terroristi, poveri, malati: Spagna -e Italia e Grecia - si stanno riempiendo di spagnoli postumi; vale a dire, di spagnoli virtualmente morti.




Per concessione di Tlaxcala
Fonte: http://www.cuartopoder.es/tribuna/lampedusa-perseguir-los-vivos-premiar-los-muertos/5133
Data dell'articolo originale: 12/10/2013
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=10743